Creatività, maestria artigianale e prontezza innovativa. Sono alcuni degli ingredienti che rendono il Made in Italy unico al mondo. Un sistema di eccellenze che ha messo insieme settori diversissimi tra loro, dalla moda al turismo, dal design al food, ma tutti accomunati da due elementi: qualità ed estetica.
Tuttavia, dopo una crescita esponenziale partita negli anni ’60, nel 2008 il Made in Italy si è fermato a 2.400 miliardi di valore e non è più ripartito. Oggi l’Italia ha perso di rilevanza, sia a livello produttivo sia per la capacità di creare nuovo valore. L’unico Paese in grado di fare la differenza oggi a livello globale è la Cina.
Uno scenario globale incerto, tra rischi geopolitici e nuovi equilibri
La battuta d’arresto italiana si riflette anche sul calo demografico e sull’invecchiamento della popolazione ma, soprattutto, sul calo continuo della domanda interna. L’unico aspetto in contro tendenza è l’export italiano, che resiste nonostante gli scenari di guerra.
Secondo le analisi di KPMG, se vogliamo tornare a crescere dobbiamo mettere in atto alcune strategie e gestire in maniera diversa le grandi complessità che abbiamo davanti.
Tra queste sfide possiamo citare: l’evoluzione del ruolo della Cina nello scenario economico globale; la crescita dei cosiddetti paesi emergenti, che al momento rappresentano il 30% della ricchezza mondiale e il 46% della popolazione; il peso delle economie connesse, quali Vietnam, Marocco, Polonia e Messico, che al momento non si sono schierate né con la Cina né con gli Stati Uniti; la frenata della Germania con i rischi connessi per l’Italia e l’Eurozona; gli scenari che si apriranno in seguito alle elezioni statunitensi e, infine, il grande conflitto russo-ucraino che ha portato gli analisti a stimare una perdita del 7% sul PIL mondiale, pari alla ricchezza prodotta da Germania e Francia.
Come invertire la rotta: sfide, obiettivi e priorità
Francia, Germania e Spania fanno meglio dell’Italia che, secondo le stime, crescerà del 0,7% al 2025. Questo accade nonostante la presenza dei settori trainanti del Made in Italy come Beauty, Turismo, Food & Beverage, che crescono rispettivamente del 7,5%, 6,5% e 4%.
Per invertire questa tendenza e far sì che il Made in Italy - e con esso l’Italia - tornino a crescere è necessario un piano che comporti innanzitutto un cambiamento culturale: si deve passare da un approccio di resistenza e resilienza a un’ottica di visione e ambizione.
Secondo le stime di KPMG, infatti, bisogna ragionare secondo una visione, definire come affrontare le sfide, quantificare gli obiettivi e scegliere le priorità.
Le risorse sono limitate e quindi vanno concentrate nei settori che ci consentono di crescere. Per questo, occorre declinare gli obiettivi attraverso sette punti:
Alla base di questi sette punti, poi, vi sono tre priorità imprescindibili: inclusività, giustizia e sicurezza.
Si tratta di un modello già implementato da Paesi come la Cina, l’India e i Paesi Arabi, con piani industriali di lungo termine. Se anche il nostro Paese ricomincerà ad avere visione e ambizione, le previsioni di crescita passeranno da un +0,7% al +3%.
L’intervento di Roberto Giovannini, Partner KPMG, Head of Consumer Industrial Markets, al Made in Italy Summit del Sole24Ore
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